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Immagine del redattoreAlessandro Masulli

Lettera di saluto e di ringraziamento per don Luigi Cutolo



La comunità interparrocchiale San Michele e San Giorgio ha salutato il vice parroco don Luigi Cutolo con una solenne Messa nella monumentale Chiesa di San Domenico il 6 gennaio alle ore 18:30. Di seguito pubblico la lettera di saluto e di ringraziamento a don Luigi da parte della comunità, letta alla fine della celebrazione e scritta dal dott. Giuseppe Auriemma, membro del Consiglio Pastorale Diocesano di Nola e Presidente dei Giovani per un Mondo Unito.


SALUTO A DON LUIGI


Carissimo don Luigi, tocca ancora a me unirmi al Parroco e alla Comunità (inter?)-Parrocchiale per esprimere i sentimenti, lo stato d’animo che proviamo nell’accompagnarti questa sera in questo passaggio del tuo servizio presbiteriale in altra Parrocchia. Il nostro animo è abitato da emozioni apparentemente contrastanti, tra un senso di sospensione e uno di gratitudine.

Di gratitudine, perché?

Per averti avuto con noi in questi 5 anni, prima come Seminarista, poi come Diacono e infine come Sacerdote e Vicario di questa Parrocchia; la tua una presenza discreta al servizio della nostra Comunità, accompagnandola con la preghiera e con la testimonianza, con umiltà e capacità di ascolto. Ti sentiamo vicino e parte della nostra storia.


È con immenso affetto e gratitudine, che questa sera, ci troviamo qui riuniti per rendere grazie a Dio del dono che ci ha fatto, inviandoti tra noi a svolgere un servizio alla chiesa locale.

Caro don Luigi la comunità di San Giorgio, ti ha conosciuto in questi anni di presenza tra noi, a servizio del parroco e della parrocchia, ti sei dimostrato persona disponibile verso tutti, in particolare i giovani e pronta a sostenere con la preghiera le nostre fragilità, le nostre iniziative indicandoci la via della Parola, ascoltata e vissuta nella nostra vita, Gesù come maestro che ci realizza e ci rende felici, la fraternità nella reciprocità come dimensione vera della comunità ecclesiale.


Ti auguriamo di essere sempre prete secondo il cuore di Cristo, solidale con la sofferenza delle donne e uomini di oggi, delle nostre comunità, seguendo l’insegnamento degli apostoli, esercitando il tuo ministero con gioia ed essere per noi testimone di gratuità e di donazione. La vocazione dà intensità alla vita se la Parola illumina i passi, se è servizio, se è partecipazione alla vita di Dio.

Caro don Luigi, ognuno di noi conserverà con te un rapporto personale e speciale, perché personale e speciale è stato il rapporto di ciascuno di noi con te. Con il tuo operato, con la tua personalità discreta e il suo carisma, seppur in così breve tempo, sei stato per noi una presenza attenta e saggia, che ha accompagnato, in questi anni difficili ma sempre pieni di grazie, nella crescita spirituale e morale la nostra comunità; un seminarista, un diacono e un sacerdote per tutti: bambini, giovani, anziani, ammalati senza nessuna distinzione.

E allora un GRAZIE, ma Grazie che da solo non basta per farti arrivare tutta LA NOSTRA GRATITUDINE e questa sera l’affetto di tutta la Comunità è indiscusso.

Di sospensione, perché?

Perché in questi ultimi anni tutta la nostra Comunità (san Michele e san Giorgio) ha già vissuto profondi cambiamenti, dolori e grazie, esperienze e avvenimenti di vita significativi, che hanno segnato i nostri passi ma hanno anche indicato il cammino per i tempi nuovi che abbiamo iniziato a percorrere. Perchè dentro di noi emerge forte una domanda: come dobbiamo leggere anche questo avvenimento?

Ancor una volta siamo chiamati a seguire la volontà di Dio, in unione con il nostro Parroco don Nicola, il nostro Vescovo, ma questa volta per entrare in una dimensione più grande, coinvolgente e trasformativa. Ci aiuta a crescere sia individualmente che come unica comunità diocesana che si esprime in questo territorio.

Anche Questo evento ci aiuta a comprendere meglio ciò che sta accadendo oggi nella Chiesa, per vivere con pienezza questo tempo apparentemente difficile e complesso. Ci aiuta ad aprirci a una visione più grande. A non restare chiusi nei nostri confini, siano essi parrocchiali, personali o di gruppo… sentirci finalmente una sola famiglia.


Il 17 ottobre si è aperto il cammino sinodale che si concluderà nel 2023, che nelle sue intenzioni dovrebbe portare la chiesa ad una profonda riflessione perché viva oggi con fedeltà al suo fondatore la sua missione indicando alle donne e agli uomini di oggi Gesù come Via, Verità e Vita.

A metterci in Ascolto, gli uni con gli altri, e con Dio. A vivere uno stile di rapporto dove lo Spirito Santo possa trovarsi a suo agio, perché ognuno è disposto ad ascoltare l’altro senza attaccarsi alle proprie ispirazioni o al potere. Gesù presente in mezzo a noi sarà così il nostro maestro dal quale tutti insieme, vescovo, sacerdote laici, vogliamo imparare a fare e dare un contributo per una chiesa migliore.

Uno stile che presuppone l’Umiltà. L’umile accetta di essere messo in discussione, si apre alla novità e lo fa perché si sente forte di ciò che lo precede, delle sue radici, della sua appartenenza. Il suo presente è abitato da un passato che lo apre al futuro con speranza. A differenza del superbo, sa che né i suoi meriti né le sue “buone abitudini” sono il principio e il fondamento della sua esistenza; perciò è capace di avere fiducia; il superbo non ne ha.

Tutti noi siamo chiamati all’umiltà perché siamo chiamati a ricordare e a generare, siamo chiamati a ritrovare il rapporto giusto con le radici e con i germogli. Senza di essi siamo ammalati, e destinati a scomparire.

Durante l’apertura dell’assemblea sinodale il Papa ha usato tre parole-chiave: partecipazione, comunione e missione. Ma senza umiltà non si può fare né partecipazione, né comunione, né missione.

“Innanzitutto la partecipazione. Essa dovrebbe esprimersi attraverso uno stile di corresponsabilità. Certamente nella diversità di ruoli e ministeri le responsabilità sono diverse, ma sarebbe importante che ognuno si sentisse partecipe, corresponsabile del lavoro senza vivere la sola esperienza spersonalizzante dell’esecuzione di un programma stabilito da qualcun altro.

La seconda parola è comunione. Essa non si esprime con maggioranze o minoranze, ma nasce essenzialmente dal rapporto con Cristo.

Non avremo mai uno stile evangelico nei nostri ambienti se non rimettendo Cristo al centro, e non questo partito o quell’altro, quell’opinione o quell’altra: Cristo al centro. (…)ciò che fortifica la comunione è poter anche pregare insieme, ascoltare insieme la Parola, costruire rapporti che esulano dal semplice lavoro e rafforzano i legami di bene, legami di bene tra noi, aiutandoci a vicenda.

La terza parola è missione. Essa è ciò che ci salva dal ripiegarci su noi stessi. Chi è ripiegato su sé stesso «guarda dall’alto e da lontano, rifiuta la profezia dei fratelli, squalifica chi gli pone domande, fa risaltare continuamente gli errori degli altri ed è ossessionato dall’apparenza. Ha ripiegato il riferimento del cuore all’orizzonte chiuso della sua immanenza e dei suoi interessi e, come conseguenza di ciò, non impara dai propri peccati né è aperto al perdono. Questi sono i due segni di una persona “chiusa”: non impara dai propri peccati e non è aperta al perdono. È una tremenda corruzione con apparenza di bene.

Partecipazione, missione e comunione sono i caratteri di una Chiesa umile, che si mette in ascolto dello Spirito e pone il suo centro fuori da sé stessa.

Diceva Henri de Lubac: «Agli occhi del mondo la Chiesa, come il suo Signore, ha sempre l’aspetto della schiava. Esiste quaggiù in forma di serva. […] Essa non è né un’accademia di scienziati, né un cenacolo di raffinati spirituali, né un’assemblea di superuomini. È anzi esattamente il contrario.

S’affollano gli storpi, i deformi, i miserabili di ogni sorta, fanno ressa i mediocri […]; è difficile, o piuttosto impossibile, all’uomo naturale, fino a quando non sia intervenuto in lui una radicale trasformazione, riconoscere in questo fatto il compimento della kenosi salvifica, la traccia adorabile dell’umiltà di Dio» (Meditazioni sulla Chiesa, 352).



In questa prospettiva la nostra sospensione si scioglie in una nuova consapevolezza e possiamo prendere il largo verso un orizzonte meno ristretto. Questo passaggio in altra parrocchia come vicario del caro don Luigi non è una perdita ma un invito ad aprire la mente al cuore. Una singolare opportunità che l’Eterno Padre ci mette davanti. Accogliamo questo dono per sentirci parte di un corpo più grande, di una Chiesa viva, una e multiforme.

Caro don Luigi Siamo sicuri che in questa prospettiva noi saremo ancora e sempre insieme nell’unica comunità di fratelli che si sentono figli di un unico padre.

Grazie per il dono che sei stato per noi in questi anni, grazie ancora per il dono che ci fai ora della docilità allo Spirito per il bene di tutti e grazie sempre perché siamo sicuri che il vincolo della nostra comunione e fraternità non si interromperà mai!

Chiediamo a Maria Madre dell’unità di custodirti nella fede e a noi di aiutarci a compiere bene la Sua Volontà per generare, anche grazie al dono che ci fai, una comunità viva e santa. Grazie!

Giuseppe Auriemma



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