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Immagine del redattoreAlessandro Masulli

I DE FELICE DI SOMMA E LO STEMMA: NUOVE ACQUISIZIONI

Aggiornamento: 21 nov 2024


Stemma dei De Felice in via Casa Raja (Palazzo Alfano/de Notaris)

I DE FELICE DI SOMMA NON SONO STATI MAI NOBILI, MA NOTABILI SICURAMENTE PER L' APPARTENENZA AD UNA CLASSE SOCIALE DELL' ALTA BORGHESIA DI BENESTANTI, POSSIDENTI, LEGALI, MEDICI E COSI' VIA. LE FAMIGLIE NOTABILI NON FACEVANO PARTE DI UN ELENCO NOBILIARE ANCHE SE PER ALCUNE DI ESSE SI AFFERMASSE IL CONTRARIO. NON VOGLIO METTERE IN DUBBIO LA FIGURA DI G. B. DI CROLLALANZA (1819 - 1892), MA IN CERTI CASI ALCUNE SUE CONSIDERAZIONI NON SONO MARCATAMENTE GENUINE (VEDI VITOLO DI SOMMA).


Quella di riallacciarsi ai blasoni omonimi più famosi fu una mania di tante famiglie locali, come i Vitolo e i Casillo. Augusto Vitolo - Firrao annovera i de Felice di Napoli tra le antiche famiglie nobili di Somma ancora presenti nel 1887 in città [La Città di Somma Vesuviana illustrata nelle sue famiglie nobili, Tipi F. Mormile, Napoli, 1887]. Conosciamo bene, ormai, la figura ambigua di Vitolo - Firrao, che commise un furto araldico, appropriandosi dello stemma dei Vitolo di Ariano, veri nobili. Oltretutto, se pure avesse avuto il titolo di barone dalla nobile madre cosentina, Angela Firrao, certamente non esiste nessun atto che lo certifichi. I de Felice erano possidenti e benestanti, ma la loro nobiltà a Somma, ne quella generale, non è mai stata attestata: l'utilizzo dell'epiteto "Don" non significava essere per forza nobili, ma senza dubbio personalità notabili del posto. A riguardo, bisogna aggiungere che nel blasonario generale dei titolati italiani a cura della Accademia Araldica nobiliare Italiana i soli titolati attestati sono i de Felici /del Giudice, marchesi di Casale in Contrada.


G.B. Di Crollalanza, nel suo Dizionario storico – blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane estinte e fiorenti , Pisa, 1886 - Ristampa a cura di Arnaldo Forni Editore, Bologna, Aprile 1998, 396, scrive: Felice (de) di Napoli  Originaria di Amalfi, ove si disse anticamente Fenice, ed ascritta a quel patriziato, fu colà signora di varie terre col titolo di barone, conte, marchese e duca. In progresso di tempo si divise in molti rami, dei quali uno passò in Piemonte, un altro nell'Abruzzo, un terzo in Napoli, un quarto in Puglia ed un quinto in Francia. Il ramo di Napoli, dopo la famosa peste del 1600, fuggì nelle campagne di Somma Vesuviana e vi acquistò immense tenute e il palazzo del Duca di Capracotta. – Si divise anch'esso in quattro rami, dei quali due restarono nella città di Somma e due tornarono a Napoli, e furono insigniti del titolo di marchese sul cognome. La linea dei De Felice di Napoli venne dichiarata nobile fuori piazza, e come tale riconosciuta dal Corpo della Città nel 1743.


Certamente, la dichiarazione di nobile fuori piazza presupponeva che i De Felice di Napoli non fossero patrizi napoletani: poteva essere una famiglia nobile che aveva la cittadinanza e la residenza a Napoli da lungo tempo, ma non faceva parte del patriziato locale.


Crollalanza aggiunge, inoltre, che lo stemma adoperato è in campo azzurro alla croce patente sannitica d'oro, ma lo storico Salvatore Amici di Amalfi nella sua Rassegna del Centro di cultura e storia amalfitana [Giugno - Dicembre 1994] attesta in una nota che nei trattati di araldica non esiste la croce sannitica.


Salvatore Amici, in seguito, inizia la descrizione del blasone in questo modo: D'oro, all'albero sradicato di verde, accostato da due leoni controrampanti troncati il 1° di rosso e d'argento ed il 2° d'argento e rosso avente in cima una fenice d'argento nella sua immortalità [AG, 46 (I)]. Aggiunge che in Amalfi sono notai Pietro de Felice nel 1254 [PAVAR, I, 151]; Pietro di Andrea dal 1272 al 1320 [CP, I, LXXI; PAVEM 17; PFM, 54, 72; PASNSP, 54] e Francesco de Felice nel 1320 [AMA, 227; PFM, 73]. La famiglia era aggregata alla nobilità di Ravello nel 1582 con atto del notaio Valerio Mandina di Ravello (MC, II, 331, (299)]. Vincenzo de Felice, morto prima del 6 dicembre 1535, era abate commendatario del Monastero di san Nicola de Carbonaria OSB di Amalfi [FR,III, 465].


A Somma, comunque, già nel 1744, epoca della stesura del Catasto Onciario, era presente, tra i napoletani privilegiati, d. Gioacchino de Felice, sposato con d. Elisabetta Cangiano, con i figli Angelo, Vincenzo, Giovanni, Nicola, Irene, Caterina, Lucia e Troiana. Con d. Gioacchino viveva anche la madre Giulia Raja (Raho?)  di 76 anni.


Nel registro della Matrice di popolazione del 1819, inoltre, custodito nell'Archivio storico cittadino, troviamo, invece, residente nel lussuoso palazzo, appartenuto ai Filangieri, il possidente e legale (avvocato) don Andrea De Felice (+ 1825), figlio di Don Antonio e Donna Isabella Viola, con la moglie Maria Giuseppa d'Amato e la sua numerosa prole: Isabella, Antonio, Emanuela, Giovanni (all'epoca diacono), Teresa, Francesco, Ferdinando, Carlo e Raffaella. Con d. Andrea viveva anche la sorella Donna Nicoletta.


I De Felice non solo erano divenuti ricchi proprietari terrieri, ma ricoprirono anche numerose cariche pubbliche e parteciparono alle lotte per il brigantaggio, schierandosi con i Borboni. La notabilità 8non la nobiltà) di questa famiglia crebbe nel tempo: tanto che lo splendido stemma del portone, con i suoi sgargianti colori, fu voluto, sicuramente, dal figlio sacerdote di Don Andrea, Sac. Mons. Giovanni De Felice, nato a Somma il 28 novembre del 1798 ed ivi morto il 6 giugno del 1877. Non poteva essere altrimenti, in quanto Don Giovanni era già diacono nel 1819, divenne, dopo la consacrazione sacerdotale, prima economo curato nel mese di novembre 1820 e poi parroco di San Giorgio Martire nel 1829; l'ascesa ecclesiastica si concretizzò il 22 novembre del 1859, quando fu nominato Protonotario Apostolico da Papa Pio IX (A. Di Mauro dall'Archivio Vescovile vol. XXXVII, pag. 104). Fu una carica onorifica d' immenso prestigio per l'intera famiglia di Somma, che si riconosce oltre dal solito galero anche dalla fioccatura di 6 nappe (tre fiocchi per lato).


Don Giovanni de Felice, quindi,  pensò bene di attestare la sua nuova nomina con un proprio blasone, dipinto sotto la volta del portone, che raffigura un apposito stemma creato per l'occasione. Il dott. Domenico Russo attesta che il secondo sacerdote, liberato dalla fucilazione del  23 luglio del 1861 contro i presunti briganti sommesi, fosse proprio lui. L'altro sacerdote liberato fu il Rev. Don Felice (di) Mauro.


L' Avv. Cav. Nicola Pesacane, perito in araldica e genealogia, ritiene che il primo quarto dello stemma de Felice del palazzo in via Casaraia non sia quello dei Viola come, invece, afferma, il Dott. Domenico Russo, citando le parole dell'avv. Giuseppe Viola nel suo libro dal titolo Ricordi miei [Acerra 1906]; entrambi, il primo ed il secondo quarto, potrebbero appartenere ai de Felice. Il primo quarto - afferma Pesacane -  con i tre pini sormontati dalle tre stelle il tutto su di una campagna erbosa, somiglia a quello dei de Felici, baroni di Rosciano e Poggio Ragone, marchesi di Casalincontrada con tre spighe di frumento d'oro, gambate di verde, nodrite sulle vette dei monti, piegate verso destra, col sole d'oro orizzontale, destro.


Lo stemma dei Viola – continua l’avvocato - con le viole, tratto dallo Stemmario Montefuscoli, è molto simile a quello della Collegiata di Somma, nel quale in più vi è il vaso ed in meno mancano le tre stelle nel capo, quindi, una duplice brisura (vedi foto), e si riferisce ai veri nobili Viola di Napoli nella persona di Donna Aurelia Viola. Lo stesso Vitolo Augusto - Firrao attesta nel sul libro citato, tra le famiglie nobili presenti a Somma nel 1887, i Viola.


Stemma Viola - Nozzoli nella Collegiata ( Viola di Napoli)


La consultazione del libro dell'avv. Giuseppe Viola (n. 1849), figlio del possidente d. Tommaso e Donna Maria Gaetana De Felice, le cui origini sono di Sant' Anastasia in strada Ponte, ci attesta, a pagina 15, che la sua famiglia ha sempre usato lo stemma con tre pini e tre stelle in campo azzurro e su prato seminato di viole bleù, dette mammole, sormontato da una corona baronale. A questo punto, confidando nella buona fede dell'avvocato Viola, forse ci troviamo sicuramente di fronte ad uno stemma di una famiglia notabile, non censito in alcuna pubblicazione araldica [vedi manoscritto G. Montefuscoli (1780) presso Biblioteca Universitaria di Napoli], o addirittura di fronte ad una nobiltà generosa, scaturita dal fatto che il nonno dell'avvocato, d. Antonio Viola (ca. 1775; + 15/9/1830), era un notaio. Certamente, l'avv. Viola esagera sulla questione rigurdante la corona baronale, ma forse è giusto quando afferma che i De Felice di Somma lo conservano inquadrato nel loro stemma per parentela avuta con i Viola, in quanto non solo la madre di Don Andrea de Felice era proprio una Viola, come sopra abbiamo menzionato, ma che la madre dell'avv. Giuseppe Viola era una De Felice, figlia del legale ed ispettore di polizia d. Camillo De Felice, a sua volta figlio di d. Andrea De Felice. L' esagerazione, oltretutto, dello stemma dei De Felice sotto al portone di via Casaraia, sta nell'adoperare la corona di marchese, cosa del tutto forzata, in quanto i De Felice di Somma erano semplici notabili e non nobili come quelli di Amalfi e Ravello. Quella di riallacciarsi agli omonimi più famosi, fu una mania di tante famiglie locali, come i Vitolo e i Casillo. Certamente, secondo Crollalanza, i de Felice di Somma provenivano da Napoli, ma siamo sicuri che erano marchesi? Ci troviamo di fronte al solito furto araldico?

                                                       

   

Stemma dei Viola di Sant'Anastasia secondo l' Avv. Giuseppe Viola


ll secondo quarto, di certo anche se brisato nel senso che la fenice è posta su di un monte di tre cime, si distingue dallo stemma pubblicato da Montefuscoli, dove l’uccello stesso sorge dalla sua immortalità e vi è una fascia con tre rose [vedi foto].

 

Stemma De Felice da Montefuscoli (concessione Avv. Nicola Pesacane)


Concludendo, lo stemma dei de Felice, posto sotto al portone in via Casaraia, dipinto sicuramente dopo il 1859, vuole riassumere in un certo senso i momenti significativi della notabile famiglia, che si appropria dello stemma dei veri nobili De Felice e anche De Felici, brisandolo. Vi è l'aggiunta, nel primo quarto, di quello che si presuppone essere dei Viola di Sant'Anastasia, ed infine, con quello della massima carica ecclesiastica familiare di Don Giovanni De Felice fu Andrea, divenuto protonotario apostolico, che riprende lo stemma del secondo, brisandolo con una fascia caricata da una stella d'oro e con il solito tricolle, stavolta sormontato da due stelle sui colli laterali.


Blasonatura

Semipartito troncato, nel primo, d'azzurro, con tre pini e tre stelle su un prato di viole bleù; nel secondo, d’azzurro, con l’uccello mitologico fenice su un tricolle che dispiega le ali e attira i raggi infuocati del sole; nel terzo, d’azzurro, con stemma da protonotario apostolico tutto d’azzurro, alla fascia rossa caricata da una stella d’oro accompagnata in capo dall'uccello fenice che attira i raggi del sole e in punta da un tricolle al naturale sormontato da due sole stelle d’oro sui colli laterali.


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