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Immagine del redattoreAlessandro Masulli

Somma Vesuviana, la festa del 3 maggio, detta anche <<‘o tre a Croce>>, festa civile e religiosa

Aggiornamento: 3 mag 2023

Accanto agli aspetti monumentali, a conferire prestigio a Somma Vesuviana sono anche le numerose manifestazioni folkloristiche e religiose-popolari che affondano le loro origini nel passato più remoto, rappresentando una forte attrazione per l’intero territorio campano. La più importante è la festa del 3 maggio, detta anche ‘o tre a Croce, festa civile e religiosa antichissima abbinata al culto della Madonna di Castello (tratto da www.consulta musicale.it).


Nell’usanza gallese, a partire dal VII secolo, la festa della Croce si teneva sorprendentemente proprio il 3 maggio. Secondo l’enciclopedia cattolica, quando le pratiche gallesi e romane si combinarono, la data di settembre assunse il nome ufficiale di Trionfo della Croce nel 1963, ed era usato per commemorare la conquista della Croce dai Persiani, e la data del 3 maggio fu mantenuta come ritrovamento della Santa Croce da parte dell’Imperatrice Sant’Elena nell’anno 326. Non è un caso che nella vicina città di Ottaviano nello stesso giorno si tiene la processione di una Croce, in cui è incastonata una teca contenente due schegge della Croce Santa di Gerusalemme, che furono portate – secondo la tradizione – alla comunità ottavianese dal frate Francesco della Pietra di ritorno dalla sua missione in Terra Santa al tempo delle crociate.


La festa in onore della Madonna de lo Castro (di Castello), che ha inizio il Sabato in Albis e si conclude il tre maggio, è caratterizzata dalle tradizionali paranze: sono compagnie di devoti accompagnate da gruppi di suonatori, che promuovono una vera e tenera devozione alla Madre Celeste, iniziando un percorso di fede il sabato in albis dalla località a est del Monte Somma, detto Gnundo, per poi concluderlo sulla vetta più alta del Monte Somma, il Ciglio, in questo giorno.


Tutto è incentrato sul canto, una delle tante meraviglie che la natura ha offerto all’uomo, e se questo canto, poi, è rivolto a una bella figliola, la Madre Celeste, allora tutto si tramuta in fuoco e passione. Il fuoco che illumina durante le notti il Sacro Monte avvolto in miti e leggende e la passione che, invece, si trasforma in una dolce melodia che da sempre il solito cantatore con il coro dei devoti improvvisa sul sagrato della chiesetta sotto il sorriso della Madonna. Un canto che viene da lontano, sillabico, la cui melodia è costruita sulla scala maggiore napoletana con suoni prolungati e fioriti. Un infinito canto d’amore che si sparge tra le valli profumate di ginestre e arriva pian piano sotto la finestra della donna amata con il consueto dono della pertica. Tra i canti del mondo contadino una particolare attenzione è rivolta anche alla fronna, una forma di canto senza accompagnamento strumentale, una sorta di recitativo, che i contadini usavano per comunicare tra loro a grandi distanze, portando la mano alla guancia per amplificare il suono. Grazie alla buona trasmissione e alla leggerezza del suono le fronne furono utilizzate in seguito presso le finestre dei carcerati per comunicare notizie in codice o per trasmettere messaggi d’amore e di conforto.

La fronna rimane, però, una tipica forma di canto che precede ancora oggi lo svolgimento della tammurriata e viene eseguita da un cantore solista che accompagna il suo gruppo fino al sagrato della chiesa, esaltando la devozione. ll 3 maggio è il giorno di chiusura della festa. Le manifestazioni sono le stesse del sabato dei fuochi, ma la simbologia attivata nelle circostanze è quella del ringraziamento per l’abbondante raccolto. In questo giorno, infatti, si festeggia la resurrezione avvenuta, il miracolo della natura e il ringraziamento sale sul Ciglio, il punto più alto della montagna e quindi più vicino al cielo. Nel 1984, la paranza del Ciglio costruì su questa cima una cappella sulla destra della grande croce che segna tuttora il punto sacro della vetta. Anche qui le paranze sono parecchie e sono distribuite lungo le valli. Nel pomeriggio di questo giorno, invece, nel vallone le paranze con gli strumenti tradizionali (tamburi, putipù, triccabballacche e scetavaiasse) iniziano a suon di tammurriate a cantare e a danzare creando agli occhi dei visitatori spettacolari emozioni. Le danze e i canti continueranno fino a sera, quando – sostiene lo storico sommese Angelo Di Mauro– le stelline della pianura e quelle del cielo, fattosi nero di brume e di notti, preparano al monte un altro infinito di fuochi artificiali.

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