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Immagine del redattoreAlessandro Masulli

LA FESTA DELLE LUCERNELLE

Aggiornamento: 19 giu 2022



Un discorso a parte merita l’attuale Festa delle Lucerne: una solennità extra liturgica abbinata alla festa della Dedicazione della Basilica di S. Maria Maggiore, anche chiamata la festa della Madonna della Neve, che ripropone ogni quattro anni un antico rito agricolo – pagano propiziatorio e di ringraziamento. Festa, proposta in due edizioni negli anni ’50 del Novecento e successivamente ripresa nel 1976, per molti aspetti unica in tutto il Meridione, la cui particolarità più caratteristica è data - oltre dalla presenza di centinaia di piccole lucerne ad olio disposte in alcune strade secondo una tradizionale e particolare coreografia - anche da un antico canto di nenia omofono, sciolto, a carattere melismatico, in tonalità maggiore, intonato a cappella dalle invisibili donne del luogo, durante la processione del 5 agosto della Madonna della Neve:


O Madonna della Neve

tu che aiuti i tuoi fedeli

i tuoi fedeli li puoi aiutare

O Regina della Pietà

tutte queste lucerne accese

O Regina della città

Ai piedi della Madonna

è caduta una bella stella

nel fulgore del sole ardente

cade la neve che la fa bianca.

(testo di Ginette Herry)


Le origini di questa festa, però, non ci sono note e nel corso degli anni tanti esperti si sono cimentati con le loro riflessioni, proponendo varie teorie sull’origine. Nessun documento dell’archivio storico della Collegiata, nessun illustre storico del passato, ne tantomeno l' antico statuto della Confraternita di S. Maria della Neve, che l'adotterà la festa dopo il 1762, la cita.


Foto di Rosario Serra


Poteva essere un’invenzione se non fosse intervenuto il compianto studioso locale Giorgio Cocozza (1931 – 2002) con le sue argute ricerche nell’ Archivio di Stato di Napoli a toglierci tanti dubbi. A tal riguardo, dai Ristretti degli esiti straordinari fatti dai Reverendi Priori del Convento di S. Maria di Costantinopoli o della Pace di Somma tra il 1755 e il 1760 si legge quanto segue:


Mese di agosto 1757

Si fa esito di grana cinquanta pagate per compra di carta per i lampioni ed oglio per li lumi fatti nella festa delle lucernelle;


Mese di agosto 1759

Si fa esito di carlini cinque pagati per compra di oglio ed altro servito per li lumi fatti per la festa della Madonna della Neve.


Queste due importanti notizie, rinvenute nella busta 6594 dei fascicoli delle Corporazioni religiose soppresse dell'Archivio di Stato di Napoli, sono gli unici documenti finora che comprovano lo svolgimento di un’ antica festa delle lucernelle in onore della Madonna della Neve, ma non attestano nient’altro. Tanti sono ancora gli interrogativi da sciogliere. Certamente, in principio, a partire dal 1600, doveva essere era un’umile festa, cittadina o rionale, con le lucernelle che si comportavano, in un certo senso, come le moderne luminarie delle feste patronali. Dico 1600 dal momento ché il culto della Madonna della Neve si formalizzò con la nascita della Collegiata. L’uomo, infatti, ha voluto sempre arricchire la festa di luci, di arredo e di gioia. Qualche studioso locale più riflessivo si è azzardato, ultimamente, a ipotizzare il coinvolgimento, in origine, di tutto il paese e non solo del quartiere murato. Ecco che forse si spiegherebbe anche la presenza delle lucerne nel vico Malacciso, posto extra urbem o extra moenia. Come si evince, infatti, dagli atti custoditi nell’Archivio storico della Collegiata, la memoria liturgica, ossia la festa della Dedicazione di Santa Maria Maggiore o della Neve, non veniva celebrata il 5 agosto, poiché il Capitolo aveva la consuetudine di celebrarla nella seconda domenica d’agosto con una grande processione in città, come conferma anche l’appassionato studioso locale Francesco Migliaccio nelle sue Notizie inedite.



L’ interrogativo sul perché non veniva solennizzata il 5 agosto, era dovuto forse (non abbiamo attestazioni) al fatto che in paese si festeggiava la memoria liturgica di San Domenico, tenuta in grande considerazione dagli influenti Padri Domenicani del monastero nel quartiere Prigliano. La memoria liturgica del santo si celebrava sicuramente per l’intera prima settimana d’agosto o con un triduo, tenendo conto che la vecchia data era il 4 agosto. Non è un caso, inoltre, che San Domenico lo troviamo anche protettore della Terra di Somma nel 1642, come riferiscono gli atti delle Conclusioni dell’ Università della Terra di Somma di quell’epoca. Lo storico locale Domenico Parisi ha addirittura accostato la festa delle lucerne al culto dello stesso San Domenico, in relazione ai commenti del Vangelo che esaltano il santo come la lucerna di Cristo: un approccio che non tiene conto né dei documenti archivistici menzionati, né trova nozioni storiche accertate.

Sfatiamo, inoltre, il fatto che la festa delle lucerne di Somma sia l’unica in tutto il Meridione d’ Italia: anche a Conversano in provincia di Bari, come a Somma, in occasione dell’antica festa e processione di San Rocco vi era un’illuminazione, che si direbbe ufficiale, composta di lucernelle, piccole lucerne di creta aperte sopra, che erano poste su regoletti di tavole, affisse ai muri (straelle), in forma di croce o triangolo o in qualche altra forma geometrica di facile esecuzione (P. Rescio, La cattedrale di Conversano, Catanzaro, 2001, pag.242). Queste numerose feste – come anche quella settecentesca di San Gaetano a Napoli nel settimo giorno di agosto - con fronde, legni e lucerne, erano frequentissime – come riferisce il prof. Domenico Parisi - nel Regno delle Due Sicilie, tantoché, quando nel 1854 il Cav. Francesco Del Giudice, direttore del Corpo dei Pompieri della Città di Napoli, diede alle stampe il suo Manuale pratico per gli incendi, dedicò un intero capitolo alla loro accorta e prudente realizzazione, sottolineandole i rischi ed i pericoli connessi.


L’invenzione della lucerna pare si debba agli antichi Egizi, mentre altri sostengono che è precedente: è comunque certo che essi la utilizzarono e la diffusero dapprima in Oriente e poi in Occidente, al punto che non solo i Greci e i Romani ma tutti i popoli per molto tempo non conobbero e non adottarono altro mezzo di illuminazione. La lucerna si realizzò in forme stilistiche diverse; ad ogni modo non era mai nulla di più che un recipiente per l’olio e uno stoppino in fibra tessile in grado di bruciare la sostanza grassa per capillarità.




Il compianto Raffaele D'Avino ci conferma, in uno dei tanti suoi articoli apparsi sulla rivista Summana, che l’olio, detto o'ccisto, per alimentare le lucerne era in consegna alla Confraternita della Neve, eretta nel 1762, e veniva pagato per molti anni da rendite derivanti da alcune abitazioni in via Botteghe, ma non cita la fonte da cui proviene questa notizia. Poi tutto tace. Ecco che è subentrata in queste edizioni moderne, tutto ad un tratto, la fantasia popolare, l’invenzione, la scena, gli specchi, i fantocci, le zucche, le oche, la morte, l’acqua: una mescolanza di strani effetti di qualche abile regista che hanno solamente stimolato tanti antropologi, etnologi e pseudo studiosi ad azzardare sterili considerazioni, senza però penetrare nel cuore della ricerca storica e non aiutandoci a fornire una risposta decisiva sulla vera origine di questa festa. Comunque, il quadriennale evento rimane per la sua atmosfera magica una delle più suggestive feste della Campania e uno dei momenti più esaltanti e qualificanti di un quartiere dal glorioso passato.





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