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Immagine del redattoreAlessandro Masulli

Somma Vesuviana, le pregevoli tele dell'antico palazzo del Principe del Colle

Aggiornamento: 14 dic 2020

A Somma Vesuviana, dove il gusto estetico e le tradizioni hanno dato origine, in tanti secoli di storia, ad un cospicuo patrimonio religioso, la pittura – afferma il prof. Antonio Bove – ha valorizzato sia tanti luoghi deputati al culto, sia numerosi spazi alternativi urbani, dando vita ad una pregevole quantità di beni culturali.




Non a caso il corredo pittorico del XVIII secolo, schedato dalla Soprintendenza alle Gallerie della Campania e conservato nella suggestiva cappella dell’Addolorata all'interno della casa signorile che fu dei nobili Cianciulli, si presta bene a tale considerazione. Il magistrato d. Michelangelo Cianciulli (1734 – 1819), bonatenente napoletano, possedeva nel 1811 a Somma una casa palaziata con giardino ed una chiesetta, sotto il titolo di S. Maria Addolorata, nella località detta a valle di Margherita. Ma la casa palaziata, le cui origini affondano sicuramente nel medioevo, apparteneva prima ancora alla famiglia di Somma, Principi del Colle, di antica discendenza longobarda, come afferma il Dott. Domenico Russo. Il Catasto onciario della Terra di Somma del 1744 così attesta a riguardo: casa paliazata con cortile, cellaro, palmento, ingegno da premer uve, cisterna ed altre comodità nella Piazza di Margherita per proprio uso. Lo stabile ha una particolare ubicazione nel tessuto urbanistico di Somma; da quest’arteria, anticamente, ci si immetteva facilmente dal centro storico al principale ed antico asse di comunicazione vesuviana della consolare di Ottajano. In questo palazzo nel 1853 doveva sorgere inizialmente la casa delle Figlie della Carità, ma la scelta poi cadde sullo stabile dell’ex convento dei Carmelitani. La posizione dell’immobile, come quello adiacente appartenuto ai nobili Scozio, lascia ben comprendere quanto fosse opportuna all'epoca, per i residenti bonatenenti, la mobilità con Napoli e con gli altri centri vesuviani.

L’attraente cappella privata si presenta con un impianto spaziale elementare, ad unica e vasta navata, atta a garantire la partecipazione liturgica non soltanto, all'epoca, ai membri della famiglia titolare dello stabile, ma anche ad una larga fascia di fedeli del luogo. Si consideri che, ormai, la chiesetta è chiusa al pubblico da circa trenta anni e più. Gli ultimi ricordi sono legati ad una commossa partecipazione alla celebrazione eucaristica del settimo Venerdì precedente a quello del Venerdì Santo con la partecipazione del coro maschile della Confraternita di S. Maria della Neve. Non a caso il corredo pittorico di questa chiesetta si apre con una stupenda tela della Vergine Addolorata attribuita alla scuola solimenesca, ma che il Dott. Russo rimanda ipoteticamente alla mano diretta o indiretta di Fabrizio Santafede, considerate le sorprendenti analogie che esistono con la Madonna della Pietà della cappella dei di Somma della Chiesa dell'Annunziata di Napoli. Collocata sull’altare maggiore, l’ immagine è considerevolmente inquadrata nella popolarissima e diffusissima liturgia della settimana santa. L’ icona – continua il prof. Bove - costituisce l’effigie ufficiale di uno dei punti d’obbligo dello snodarsi della spettacolare processione del Venerdì santo e accoglie una vasta partecipazione di popolo penitente.



La seconda delle due tele, formante il corredo pittorico essenziale di questa cappella, tratta invece di un notissimo tema evangelico: La pesca miracolosa, che viene – secondo Bove – a stabilire un’esatta alternativa ideologica alla prima pittura. Difatti, l’episodio evangelico, al cospetto del dramma della morte esaltato dalla Vergine Addolorata, lascia contemplare un dato di fede iterativo: la Speranza. La pesca miracolosa, inoltre, era anche un antichissimo simbolo del battesimo. I redenti erano chiamati pisciculi ed al fonte battesimale era dato il nome di piscina (dal latino piscis). Una conseguenza del simbolismo del pescatore vive ancora oggi: l’anello del pescatore (anulus piscatoris) spettante al solo pontefice, ha inciso la raffigurazione della pesca miracolosa. Questo suggestivo quadro, comunque, ha la capacità di evocare, in modo alternativo alla prima opera, la certezza dell’onnipotenza di Dio. Il Dott. Russo afferma che la tela potrebbe essere stata commissionata a Fabrizio Santafede nei primissimi anni del XVII secolo.






Una terza tela esalta un interessante dipinto, attribuito a Francesco Solimena (1657 – 1747), dal letterario tema Erminia tra i pastori. La tela è posizionata nel salone di rappresentanza dello stesso palazzo. Tale tema figurativo – conclude il prof. Antonio Bove – d’origine poetica, era molto popolare tra le classi colte ed agiate dell’epoca barocca. Un’opera il cui soggetto pittorico alludeva alla serenità della vita dei campi, alla salubrità del luogo in contrapposizione al difficile vivere nella capitale. E’ non è un caso che la città di Somma, fin dalla più remota storia, è stata sporadicamente occupata da insediamenti a carattere residenziale in relazione alla salubrità dell’aria e alla bellezza paesaggistica.


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